Stretta fra Sudafrica e Angola, la Repubblica di Namibia è caratterizzata da un territorio pieno di contrasti. Scarsamente popolata, questa parte occidentale del subcontinente africano presenta tratti sia pianeggianti, sia sabbiosi, ed è spesso avvolta da venti impetuosi che sferzano sulla Skeleton Coast, sugli aspri altipiani interni e sull’esteso solitario deserto del Namib.
Il nome di questo mare di sabbia, il più antico della Terra, deriva dalla lingua locale Nama, e indica il nulla, la terra di nessuno. L’ambiente unico del Namib nasce dalla sua vicinanza con l’oceano Atlantico, le cui correnti fredde e le forti folate, da un lato, plasmano la vita lungo la costa, dall’altro, hanno disegnato imponenti dune mobili, che si creano e si disfano a seconda dei movimenti del vento.
Il cambiamento di queste montagne di sabbia si osserva anche a livello cromatico. Le varie gradazioni del color ocra cambiano in base all’inclinazione dei raggi solari che, centrando i piccoli granelli di quarzite, sviluppano un variopinto quadro con tonalità marroni, avorio e oro.
Il deserto vivente
Non bisogna però pensare il Namib come un deserto privo di forme di vita. Tutt’altro. Esistono specie animali che non si trovano in nessun altro luogo del pianeta. Si tratta in particolare di lucertole, rettili e insetti. Famoso è il ragno Leucorchestris, che sfugge ai possibili predatori grazie a una tecnica di sopravvivenza decisamente singolare e divertente da vedersi: ritira le sue minuscole zampe e ruzzola giù per le dune di sabbia. Per tutelare questo spazio unico nel suo genere, è stato istituito il Parco Namib-Naukluft, che si estende per circa 50mila km² nella parte meridionale del deserto. Al suo interno si possono scoprire incredibili bellezze naturali, come una specie di euforbia chiamata Welwitschia mirabilis, pianta che resiste al clima torrido, tanto da riuscire a vivere per più di un secolo! Fra le sabbie del deserto scorrono anche rivoli d’acqua, tra cui il fiume Kuiseb, che viene raramente alimentato dalle piogge. E sotto l’arida superficie desertica, in talune zone, corrono torrenti e falde acquifere. L’umidità proveniente dall’oceano Atlantico e le brezze trasportano piante nutrienti. La presenza poi di sorgenti naturali attira le antilopi saltanti, le zebre di montagna, l’orice gazzella. Tra una duna di sabbia e l’altra si possono sorprendentemente scorgere anche dei campi di meloni. Proprio così. Ciò è possibile grazie alle etnie locali, soprattutto i topnaar, che da generazioni coltivano una qualità di melone selvatico chiamato nara.
Il Parco Namib-Naukluft, il cui nucleo costitutivo fu fondato nel 1907 dall’amministrazione coloniale tedesca, è stato successivamente ampliato, divenendo una delle aree naturali protette più vaste dell’Africa. Lo caratterizza un clima diversificato secondo che ci si trovi sulla costa o all’interno: fresco e ventilato nel primo caso; temperature elevate nell’entroterra. Per chi ha intenzione di visitare questo angolo di Namibia deve tener presente che fra maggio e agosto le folate di vento caldo s’intensificano, come pure le tempeste di sabbia, e che le notti sono sempre fredde.
Tra verdi e fertili pianure
Il contrasto paesaggistico della Namibia si scorge penetrando la regione di Caprivi, a nord-est del Paese, dove s’incontra una ricchissima fauna. Elefanti, ippopotami, leoni, bufali, leopardi, ghepardi scorazzano in questa area, la più tropicale della Namibia. Qui pullula la bellezza selvaggia, grazie alla presenza vitale di quattro importanti fiumi: l’Okavango, il Kwando, il Chobe e lo Zambesi. Nella striscia di Caprivi, che per superficie e forma sembra una sorta di corridoio naturale, sono concentrati parchi e riserve ricchi di una vegetazione rigogliosa.
Zone umide, aree boschive e foreste tropicali caratterizzano la riserva Mahango, non distante dalle suggestive cascate Popa. Più a est è stato creato il Parco nazionale Mudumu, le cui aree di savana e boschive si allungano sino all’altro importante Parco di Mamili, dove si trovano le paludi del fiume Linyanti, un intrico di canneti, pianure alluvionali e laghetti coperti da ninfee. Per accedere a questi territori protetti sono necessari permessi e le prenotazioni è bene effettuarle con largo anticipo, dato che i turisti si concentrano nel periodo migliore per visitare la regione, che va da agosto a ottobre.
Ghepardi minacciati
Spostandosi verso il centro della Namibia, a circa 45 km da Otjiwarongo, si trova il Cheetah Conservation Fund, un centro importante per la salvaguardia dei ghepardi e della loro reintroduzione nell’habitat naturale. Fondato e diretto dalla dott.ssa Laurie Marker, il centro ha compiuto nel 2010 i vent’anni di attività, durante i quali sono stati portati avanti vari progetti per proteggere questo bellissimo felino, minacciato dall’uomo. In Namibia, gli allevatori considerano il ghepardo un predatore per il bestiame, ma in realtà è l’animale il vero perseguitato, come dimostrano alcuni dati.
Nel 1900, questo agile felino si trovava in Africa e Asia e all’inizio del XX secolo esistevano più di 100mila esemplari. Oggi ne rimangono tra i 10mila e i 12mila, principalmente nel continente africano. Il Cheetah Conservation Fund svolge un compito importante per salvare dall’estinzione il ghepardo, ricreando un ecosistema in equilibrio, in cui prede e predatori, uomini e animali, possano convivere secondo nuove e antiche regole. Tra queste figura l’introduzione del Pastore dell’Anatolia, una razza di cane originaria della Turchia, che aiuta gli allevatori di capre e pecore a scacciare i ghepardi attaccandoli, mettendoli in fuga, anziché uccidendoli.
Il Centro è aperto a varie forme di collaborazione, tanto che centinaia di volontari vi giungono da tutto il mondo per contribuire alla protezione di questo splendido felino, uno dei simboli più belli della natura africana.
Silvia C. Turrin